Il rifrattometro sfutta il principio fisico della rifrazione della luce, ovvero sul principio di misura ottico che si basa sul popolare fenomeno osservato quando immergiamo una matita o
una cannuccia in un bicchiere con acqua o un remo nel mare: sembrano
piegati. Dagli studi di Snell già nel 1621 si era capito che un fascio
di raggi di luce che attraversava un fluido (tipo aria) con diverse
angolazioni presentava una parte di raggi riflessi dall’interfaccia fra i
due fluidi indietro verso il primo, una quota di raggi rifratti cioè
che si perdono all’interno del secondo fluido (tipo acqua) con
angolazioni diverse. Quella particolare angolazione di arrivo del raggio
di luce per la quale il raggio rifratto è tangente l’interfaccia è
definita dall’Angolo Critico di incidenza. Pertanto l’ Indice di Rifrazione di un materiale è un parametro nd che rappresenta il fattore numerico per cui la velocità di propagazione di una radiazione elettromagnetica, come la luce, viene rallentata e pertanto ai nostri occhi fa apparire piegata la matita. Oggi
nel Rifrattometro digitale variando la concentrazione dei sali l’indice
di rifrazione cambia e soprattutto cambia l’angolo critico (raggio
rosso). Di questo raggio critico ne viene letta la posizione su un sensore CCD, costruendo una immagine ottica.
La linea di confine tra area scura ed area chiara non è matematicamente null’altro che il punto preciso dove avviene il cambio di concavità della curva, detto cuspide. Calcolare la posizione della cuspide significa calcolare l’Indice di Rifrazione nd.
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